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L’Unione Europea cambia il marchio Ecolabel

    L’Ue modifica la forma del marchio di qualità ecologica (Ecolabel). Con regolamento pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea l’Ue sostituisce l’allegato II del regolamento del 2010 e dunque fornisce nuove indicazioni sul simbolo Ecolabel.

    Oltre a riportare l’immagine del marchio (riportata qui a fianco, ndr), l’allegato dispone che vi sia la possibilità per l’operatore di utilizzare un campo di testo e un testo i quali parametri sono indicati nei pertinenti criteri del gruppo di prodotti.

    Secondo il documento sul prodotto dovrà apparire anche il numero di registrazione del marchio Ecolabel UE. Un numero composto da una serie di cifre che indicano il paese di registrazione, il gruppo di prodotti e il numero assegnato dall’organismo competente.

    Ecolabel, infatti è un’etichetta ecologica volontaria basata su un sistema di criteri selettivi, definito su base scientifica, che tiene conto degli impatti ambientali dei prodotti o servizi lungo l’intero ciclo di vita, che è sottoposta a certificazione da parte di un ente indipendente (organismo competente).

    La Commissione europea, comunque “fornirà in un documento di orientamento apposito, previa consultazione del CUEME (comitato dell’Unione europea per il marchio di qualità), ulteriori istruzioni sulla grafica e sull’uso del simbolo dell’Ecolabel UE”.

    In Italia (secondo i dati Ispra aggiornati al 4 ottobre 2017) sono 354 le licenze Ecolabel UE per un totale di 9003 prodotti/servizi, distribuiti in 16 gruppi di prodotti. Il gruppo di prodotti con il maggior numero di licenze è il “servizio di ricettività turistica” con 200 licenze seguito da quello del  “tessuto carta ”con 36 licenze e dal  “servizio di campeggio” con 24 licenze.

    Pur registrando un generale trend positivo di crescita nel tempo, sia dal punto di vista delle licenze rilasciate, sia dei prodotti e servizi etichettati, negli anni 2009-2010 e tra il 2015 e il 2016 vi è stato una diminuzione dei numeri. Una diminuzione secondo Ispra “da imputarsi sia all’entrata in vigore di nuovi criteri Ecolabel UE (revisionati) per diversi gruppi di prodotti ai quali le aziende già licenziatarie hanno dovuto conformarsi sia al ritiro di alcune licenze (spesso associate a un cospicuo numero di prodotti) a seguito di attività di sorveglianza”. Anche all’inizio 2017  vi è stata una forte diminuzione del numero di prodotti certificati imputata “al recesso dal contratto di concessione del marchio Ecolabel UE da parte di una azienda alla quale erano associati alcune migliaia di prodotti”.

    C’è anche da dire che in Europa si registra una scarsa diffusione del marchio. La Commissione europea in una relazione del luglio scorso non nega l’utilità dei regimi quanto strumenti volontari per “le imprese che facilitano la transizione all’economia circolare e forniscono di informazioni sulle prestazioni ambientali di prodotti e organizzazioni ai consumatori e nelle transazioni tra imprese”. Sottolinea però l’assenza di attività promozionali a tutti i livelli – Commissione, Stati membri e (a livello di interventi volontari) imprese e la difficoltà di conformarsi ad alcune disposizioni visto anche il numero elevato e la severità dei requisiti dei criteri. In pratica sottolinea una scarsa diffusione della conoscenza del marchio presso produttori e organizzazioni dovuto in gran parte alla ridotta consapevolezza dei portatori di interesse esterni, quali partner commerciali, consumatori ma anche autorità. Per questo non è in grado di apportare cambiamenti incisivi sui modelli di produzione e consumo e, di conseguenza, non è in grado di garantire significativi benefici sul piano ambientale.

     di Eleonora Santucci per greenreport.it